SPAGNA - 2010
SUD-EST - Tra lavoro e turismo ...

Tragicomico resoconto, in terza persona, del viaggio molto particolare di due amici

L’arrivo a Malaga è in perfetto orario ma gli avvenimenti seguenti fanno percepire che la settimana riserverà ai due protagonisti una serie di eventi, tra gli alti e i bassi, decisamente fuori dal normale. Infatti come primo impatto C. e P. si ritrovano ad osservare, dopo una breve quanto infruttuosa attesa, con fare sconsolato, il nastro trasportatore dei bagagli oramai vuoto, nero presagio di fatale mancanza. I bagagli, per quanto pochi, non erano arrivati lasciandoli ammutoliti di fronte ad un incerto futuro. Una signorina molto gentile, prima diversa avvisaglia di una serie di eventi favorevoli, li conduce con rapidità, prima di un folto stormo di altrettanti sventurati viaggiatori rimasti parimenti senza i bagagli al seguito, allo sportello per le necessarie pratiche, rassicurandoli che le rispettive valigie (al momento ferme a Parigi) sarebbero state loro recapitate al più presto in un qualsiasi albergo della Spagna. Incredibile! La ricerca della macchina a noleggio li vede in un certo imbarazzo in quanto il fiducioso C. aveva, al contrario del previdente P., suggerito di non riservare il noleggio ma di gestirlo direttamente sul posto presso un autonoleggio di sua fiducia. Dopo un breve ma non banale ricerca i due trovano l’agenzia cercata che lapidariamente li liquida dicendogli di non avere mezzi a disposizione ma li indirizza presso una vicina agenzia che molto fortunosamente gli consegna l’ultima vettura a disposizione e con gradita sorpresa ad un prezzo così basso che in Italia sarebbe impensabile. I due arrivano così a Marbesa (gioiosa località a circa 10 Km da Marbella) per i primi contatti con gli indigeni, peraltro rivelatisi estremamente fruttuosi ed atti a stabilire una strategia ed una pianificazione che li avrebbe portati nel giro di una sola settimana a risolvere, tutti o quasi, i problemi rimasti in sospeso da tempo immemorabile. Soddisfatti da sì tanto produrre, sul far della sera, si abbandonano ad una parca ma estremamente gustosa cena a base di zuppa di pesce e calamaretti alla piastra in un tipico locale nel grazioso centro storico di Marbella.
Il positivo ed inaspettato sviluppo degli eventi, legato al sopravvenuto fine settimana ed alla concomitante festa dell’Andalusia del primo marzo, li costringe loro malgrado a programmare tre giorni di vacanza forzata nei quali si propongono di fare un’immersione nell’arte e nella storia locale al fine di elevare il loro livello culturale, specialmente quello di C.. Il mattino di buon’ora li vede partire verso il sud sulla strada che con un largo giro li porterà a Siviglia, incomparabile capitale del sud Iberico. Prima tappa a Tarifa, sonnolenta cittadina famosa tra i surfisti per il perenne vento che la batte creando grosse onde nella confluenza tra il Mar Mediterraneo e l’Oceano Atlantico. Qui infatti si trovano nel punto più a sud della penisola iberica con le ovvie conseguenze. Il vento è sferzante e le onde si infrangono anche sullo stretto istmo che collega la città al vecchio forte bagnando i nostri eroi mentre impavidi cercano di immortalarsi in qualche fotografia. La città nel frattempo si prepara al risveglio annuale con le varie attività legate al locale carnevale, anche se fuori tempo, ma ritenendole attività poco confacenti al livello intrapreso in termini culturali, i due riprendono la loro strada. A metà pomeriggio, non avendo come al solito pranzato per la rituale mortificazione delle carni, decidono di fermarsi in un paese per gustare un parco caffè e latte. Giunti così a Zahara vengono colti da un turbinio di gente festosa radunata sotto un tendone all’interno del vecchio fortino nel centro della città. Anche qui si festeggia il carnevale e tra gli sguaiati cori dei giovani villici vestiti a festa per l’occasione si presenta la celestiale visione di innumerevoli piatti di muscoli (mejillones) accompagnati da fiumi di birra. Costretti dalle circostanze i due, pur con una certa reticenza e dicendo “prendiamo solo un piatto in due”, per non sembrare sgraditi ospiti, si lanciano in una pantagruelica mangiata dei migliori muscoli mai assaggiati, fermandosi solo per raggiunti limiti biologici. Ad ulteriore precisazione della particolarità dell’evento occorre dire che le consumazioni erano praticamente gratis con un’offerta, per piatto e birra, di 1 euro. Giunti a Siviglia e postisi alla ricerca dell’albergo prenotato via internet da P. in una posizione strategicamente centrale, sempre ai fini di un più facile accesso ai luoghi di interesse culturale, ma malauguratamente in zona pedonale, pur dotati di un navigatore satellitare i due passano allegramente circa un’ora alla ricerca della giusta via, concedendosi così il lusso di vedere da vicino tutto il centro storico (conosceranno in tal modo tutte le pietre). Nonostante l’ora crepuscolare e la liberazione di non avere il fastidio delle valigie al seguito, realizzano di avere il piccolo problema nella mancanza di mutande e calzini di ricambio. Ed è in questa particolare occasione che C. apprende, dal più esperto P., della possibilità da parte degli uomini di rifornirsi di tali accessori, normalmente fornitigli dalla moglie, in maniera autonoma anche se questo gli presenta il pesante dilemma della scelta. Acquisito ciò, si recano nel più vicino magazzino ancora aperto e girando con saggezza tra i vari scaffali, P. fa gli oculati e necessari acquisti. Per rimettersi dallo stress i nostri due indomiti protagonisti penetrano nel centro storico alla ricerca di un ristorante all’altezza del momento critico sino a trovarne uno che propone come specialità il tonno di Zahara, chiaro segno del destino che loro assecondano religiosamente assaporando un menu tutto a base di pesce fresco, naturalmente aiutati nella digestione da un fresco ed ottimo vino bianco del paese. Diranno poi “mai mangiato così bene” anche in considerazione del successivo bicchiere di ottimo ed abbondante brandy.
Il giorno li vede impegnati duramente negli approfondimento culturale che una città come Siviglia offre in tutti i suoi più reconditi angoli. La gotica ed enorme cattedrale li accoglie all’inizio della cerimonia religiosa immergendoli in un clima coinvolgente e consentendogli così di “prendere il perdono” (antico detto ligure). L’apertura per le visite è nel primo pomeriggio e così i due decidono di rimandare l’incontro con il monumento iniziando a perlustrare attentamente la parte storica, da Plaza de España (fatta in occasione della prima esposizione mondiale) al Barrio de Santa Cruz, passando attraverso lo splendido e magnificente Alcazar. Il ritorno verso la cattedrale li vede attoniti di fronte ad una coda chilometrica e come se non bastasse inizia una fitta e sconsolante pioggia; i due abbandonano l’impresa. Al ritorno nella stanza dell’albergo, lussuosa dimora d’epoca splendidamente ristrutturata, si trovano con sorpresa di fronte ai bagagli smarriti ma senza curarsi di siffatti particolari i due escono per adempiere ad imprese più degne, la ricerca di un ristorante per la cena. La voglia di avventura li spinge nei meandri della zona più antica sino ad entrare in un tipico ristorante per “ciucchi”, una classica taverna con acqua corrente (infatti ci piove dentro) dove un oste apparentemente alticcio ripeteva urlando le ordinazioni dei clienti, che dovevano essere rigorosamente fattegli in spagnolo, alla cucina, tra l’ilarità di tutti i commensali. Giunti in branda C., con grande meraviglia, conteggia l’addormentamento di P. senza arrivare ai 15 secondi, mentre dopo altri 5 secondi il P. russava di già.
La mattina li vede solerti viaggiatori verso la città di Granada, la giornata è stranamente splendida dopo tutta la pioggia dei giorni scorsi e gli consente di arrivare presso l’Alhambra con un certo anticipo sulla visita programmata e già prenotata di questo splendido monumento dell’arte araba. Questo gli permette, almeno nell’idea, di mangiare un boccone interlocutorio in uno dei tanti bar vicini all’ingresso, ma la notoria calma degli indigeni li trova a dover mangiare di “strangugiun” il parco menu ordinato, ma la cultura ha ovviamente la precedenza. L’Alhambra li accoglie bella come sempre anche se la visita, necessariamente frettolosa dato il numero incredibile dei visitatori e la mancanza dei leoni intorno alla celebre fontana in ristrutturazione, lascia un po’ di amaro in bocca alla loro sete di conoscenza. Ma i due vecchi viaggiatori hanno per fortuna già goduto in altri tempi di tale bellezza, in questo consolandosi di fronte alla torma di turisti con malcelata sufficienza. Ma C., comunque apparentemente insoddisfatto, cerca con ogni mezzo lecito di turbare le assistenti al monumento, già oltremodo indaffarate nel gestire tutta quella massa di persone, ponendo loro domande inquietanti, in una sua lingua sconosciuta, sul perché della mancanza dei leoni e dell’eventuale sconto sul costo dell’ingresso che avrebbero dovuto fare. La discesa verso Motril, sulla costa, è più rapida di quanto previsto grazie ad una nuova strada della quale C. non aveva memoria essendo passato da queste lande in epoca pre turistica. Come sempre le cose inaspettate sono le migliori, infatti quasi in fondo alla discesa si trovano di fronte ad un lago artificiale, creato con una nuova e possente diga. Ma la cosa più interessante è che a causa delle grandi piogge avvenute in quel periodo l’invaso si era colmato oltre le più rosee previsioni, rendendo così necessario uno svuotamento forzato. L’immagine dell’acqua che fuoriesce dalla condotta alla base della diga con una forza immane è uno spettacolo che li avvince in modo particolare, il P. scatenato dall’evento scatta foto a ripetizione con grande maestria, sembrando proprio un fotografo professionista. Il viaggio continua ed il far della sera li vede arrivare a Marbella che li attende con una quieta pioggia e solo per adempiere ai doveri verso il proprio corpo si cimentano poco dopo in un assalto ad un ricco piatto di “braccio d’agnello” alla griglia con relativo contorno. Rientrati in albergo si rendono conto del fatto risaputo che spesso le disgrazie non vengono mai da sole, infatti le valigie oltre ad essere arrivate, risultando di fatto solo un fastidio, creano un ulteriore problema. La sera prima il P., notoriamente abile nelle cose tecnologiche, forse in un momento di crisi mistica dovuta alle abbondanti libagioni, aveva chiuso la combinazione della valigia in una qualche modalità sconosciuta non riuscendo pertanto ad aprirla; è un segno del destino. P. non dandosene una ragione cerca disperatamente di aprirla sia con la ricerca tra tutte le possibili combinazione che con la forza ma ogni tentativo risulta vano. C. dice di dispiacersene e giura sperticatamente di esserne rattristato ma in realtà se ne batte le balle, al chè P. stremato abbandona l’impresa e messa la testa sul cuscino si addormenta in meno di 10 secondi, non lasciando a C. neanche il tempo di iniziare a contare, ma anche lui stremato dall’intensa giornata riesce a guadagnare un meritato riposo in vista della prossima giornata lavorativa. Sembra che P. nella notte svegliato di soprassalto ed ancora nel dormiveglia abbia sentito C. gridare “olè” pensando fosse ancora nell’arena di Motril, ma domani è un altro giorno. Per la cronaca la valigia verrà aperta il giorno dopo da un operatore dell’albergo ben fornito di attrezzi opportuni.
I due iniziano una intensa giornata lavorativa che si rileverà molto proficua oltre ad ogni aspettativa scoprendo che gli impiegati spagnoli, almeno in quella zona, sono più efficienti ed educati di quelli italiani. Infatti, in un piccolo ufficio comunale, scoprono con rapidità cosa devono fare, il come ed il perchè, con tutte le indicazioni del caso, precisissime, sui tempi e sulle modalità per procedere anche dall’Italia, stabilendo inoltre gli opportuni contatti personali necessari al fine di creare un collegamento per il futuro. Finito il lavoro partono sotto la pioggia alla ricerca della mitica Mijas, che C. ricordava come in un sogno e risultata quasi un’araba fenice, trovandosi per chilometri e chilometri in una delle molte strade in rifacimento, dove l’abilità da fuori stradista di P. si è rivelata in pieno sembrando quasi come un veterano della Parigi-Dakar. Ritornati sulla strada normale si ritrovano nel villaggio arabo di Alzahar il Grande dove, per cercare un ristoro dalla pioggia sempre più battente, entrano casualmente in un bar nel quale gli avventori, tipici “ciuccatoni”, hanno fatto temere per la loro incolumità. Infatti, dopo aver ordinato un caffè con latte peraltro cattivo, un avventore appoggiato stortamente al bancone, tipico bacco in calore, cerca ripetutamente di arpionare C. con l’intenzione di spiegargli la strada da fare per il ritorno infilandogli direttamente un dito nell’occhio, per fortuna prontamente bloccato dal barista con una erculea manata. Rientrati in macchina e ripartiti si accorgono che l’avventura non è finita in quanto ben due strade risultano interrotte per frane e solo dopo un lungo girovagare trovano l’unica via ancora percorribile costituita da una strada nuovissima e non ancora collaudata. La sera li vede in una passeggiata liberatoria sul lungo porto di Marbella respirando l’umidità portata dal forte vento in una fitta pioggia che a memoria d’uomo non si ricorda in questo paese.
La sveglia per i due coraggiosi è alle 7.00 per poter essere presenti prima delle 8.30 alla Polizia Municipale di e non per farsi arrestare ma solo per ottenere il necessario documento. Mentre P. cerca un parcheggio sotto un notevole acquazzone, C. si trova al centro di una folcloristica calca di extracomunitari che attendono il passaporto o altri vari documenti e permessi. All’arrivo di P. una gentile vigilessa inizia a dare i numeri, nel senso di dare le priorità alle varie code, sino a quel momento caotiche, compresa quella dove distintamente cercava di resistere C., l’unico in giacca e cravatta di quella eterogenea e svariata umanità, che iniziava a dare chiari segni di irrequietezza. Per sua fortuna le code si assottigliano e C. inizia a prendere fiato e si rilassa leggermente cercando di attaccare bottone con qualcuno. In coda c’è anche una signora che nonostante sia inglese parla italiano con un perfetto accento romanesco con la quale intrattiene un colloquio tanto vago quanto inutile. Anche qui con grande sorpresa i due verificano che gli iberici hanno superato gli italiani per cortesia e velocità, infatti la coda si dissolve rapidamente grazie ad una impiegata, tanto efficiente quanto grassa, che non si sa per quale recondito motivo si interessa allo stato civile di C., cioè se era coniugato o separato, dandogli appuntamento dopo due giorni. Il parco pranzo consiste in due cappuccini ma nel ristorante del campeggio i cappuccini sono problematici perché l’iberico al banco, sicuramente discendente di oscuri gitani, incontra difficoltà a capire che la bevanda richiesta è in sostanza composta solo di caffè e latte e con grande determinazione vuole inserire sul tutto della panna spray in lattina (pare che i tedeschi ne vadano matti) venendo per fortuna bloccato con decisione da P. con una rapida manovra della mano. Fuori piove sempre e i due si avventurano verso l’orrenda Torremolinos dove dopo essersi persi tra le varie uscite si trovano a percorrere una strada della periferia cittadina curiosamente ridotta ad un vero e proprio ruscello dove il mitico P., ormai avvezzo a tutte le imprese di questo tipo, riesce a condurre il veicolo fuori dal guado arrivando così nel centro sotto una pioggia sempre più forte. Ma mai paghi anche se stremati dal clima orribile, anche qui non si ricorda nel tempo un clima così inclemente, P. propone una fermata strategica nel centro commerciale più famoso di Spagna, il Corte Ingles, anche perché la moglie prima di partire gli aveva consegnato un “papello” con l’intimazione di acquistare alcune cose assolutamente inutili, una padella per la paella rigorosamente in ferro battuto, dell’amido di riso oltre ad un particolare prodotto farmaceutico. I due guadagnano l’uscita trovando miracolosamente la macchina in questo megagalattico centro commerciale e naturalmente si perdono tra i vari svincoli trovando a fatica la strada per arrivare al ristorante del campeggio, avendo, come è ormai evidente, un debole per i posti da “ciucchi”, dove consumano una decorosa cena completata da anice e brandy.
La giornata presenta un nuovo inconveniente in quanto gli uffici sono nuovamente chiusi per cui i nostri due stakanovisti personaggi sono costretti loro malgrado a fare ancora una volta i turisti, decidendo di recarsi ad Almeria. Partenza alle 9.30 dopo una lauta colazione, che comprende anche i viveri di sopravvivenza per il pranzo, nell’ottimo albergo prenotato via internet da P. e questa volta senza sbagliare strada arrivano a Malaga ma lì iniziano i problemi, perché se tutte le strade vanno a Roma e molte di quelle che gli servono non sono indicate sulla loro cartina. Fortunatamente un cartello per Motril li indirizza con sicurezza verso Almeria, meta prescelta per le sue antiche origini con trascorsi Fenici, Greci e Romani con un successivo grande sviluppo sotto i regni Arabi prima della riconquista da parte dei re Cattolici dopo la stessa Granada. La sete di cultura li vede fremere chilometro dopo chilometro ma durante il percorso attraversano inaspettatamente una località di nome Limonar, che magari non è interessante ma nella quale ci si può sicuramente divertire, che i due non considerano minimamente. Ma cammin facendo, come il mitico Ulisse, sono ancora messi alla prova dalla successiva località, la godereccia Solobrigna, ma memori della maga Circe i due non indugiano nella deviazione e proseguono indomiti verso la meta prefissata anche se non più tanto agognata. Ma gli dei li vogliono mettere assolutamente alla prova e quasi come un Satana tentatore incappano in una terza località, la famigerata Balanegra, della quale non conoscendo bene la sostanza specifica li vede proseguire con determinazione. Tra una tentazione e l’altra la spia della benzina segna un profondo rosso ma i due non si abbassano a badare a simili dettagli e proseguono indomiti. Dopo circa 30 Km senza incontrare nessuna pompa di benzina prendono la decisione di uscire dalla superstrada e senza indugio calano su Adria dove, nell’unico distributore del paese, un gentilissimo benzinaio non solo gli riempie il serbatoio ma gli indica la strada per Taberna dove si trova l’unico deserto europeo, ma di questo ne parleremo dopo. Sul fine del mezzogiorno arrivano finalmente ad Almeria dove, dopo aver parcheggiato in centro città in un palazzo sventrato e trasformato in un silos per auto di quattro piani, hanno la piacevole sorpresa di trovare un Alcazar magnificamente restaurato. All’entrata il custode saputo di avere davanti degli italiani ed in particolare liguri, li fa entrare gratuitamente. L’Alcazar è veramente magnifico e consiste in una parte bassa araba ed una più alta rifatta dopo la riconquista dal cui bastione più alto i due si perdono negli storici pensieri godendo di una magnifica vista sul barrio arabo, ora sommerso da una montagna di “rumenta”. Usciti rapidamente dalla città fortificata si avviano senza indugio alla volta di Taberna, che contrariamente al suo nome non ha neanche un’osteria ma ben tre studios, al momento assolutamente deserti, dove hanno anche girato i film western del regista Sergio Leone. Dopo un completo ed impeccabile servizio fotografico di P. sui falsissimi tepee indiani, i fortini ed i saloon dei villaggi ricostruiti i due si lanciano nella mitica impresa del giorno. Con guida da perfetto rallysta il P. affronta in velocità lo sterrato di un canyon incassato nella piana desertica, tante volte visto al cinema, nel quale gli indiani “imbelinavano” dalle scoscese rive immensi massi (di cartone) seguiti da nugoli di frecce. Dopo aver quasi distrutto un cerchione dell’auto tra fossi e pietre nello sconnesso fondo del canyon si riportano sulla “carretera” e da qui sull’autostrada che li riporterà più velocemente (vista l’ora) a Marbella per un meritato riposo perché il giorno successivo sarà estremamente duro. Il P. nella specifica circostanza non riesce neanche a toccare il cuscino da sveglio, pare che si sia addormentato in itinere e naturalmente al tocco del soffice giaciglio inizia una russata degna di Polifemo.
Anche oggi i due si alzano di buon’ora e con spirito indomito si recano al comando della Polizia Municipale e fortunatamente incontrano la solita vigilessa gentile che infatti appena arrivati li fa passare all’ufficio stranieri dove vengono guardati con sospetto chiedendogli se erano Turchi ed alla loro dichiarazione di essere italiani guardandoli ancora con più sospetto. Fatta questa triste trafila ricevono infine l’agognato  documento. Dopo questo doveroso adempimento, presi nuovamente dall’inestinguibile sete di cultura, i due decidono di visitare altri due importanti luoghi storici come Ronda e l’irraggiungibile Mijas. Ancora una volta quasi a secco di benzina riescono, dopo aver scavalcato la sierra su di una splendida strada montana tra pinete e dirupi, ad arrivare a Ronda, città romana, araba e cristiana. Per prima cosa si dedicano alla visita della Plaza de Toros e dopo aver visitato il ricco e curatissimo museo sulla storia della tauromachia il P., pensando di essersi reincarnato in un famoso torero, costringe C. a fargli una foto in un tipico atteggiamento da matador. I nostri eroi riescono anche oggi ad imbucarsi entrando nella cattedrale in stile gotico fiorito (pare) senza pagare l’ingresso dopo aver partecipato al lancio del riso in un matrimonio. Ma anche oggi l’avventura continua, infatti dopo una ripida discesa, lasciandosi alla sinistra i ponti romani e medioevali, cogliendo la sensazione di un evento speciale entrano nella chiesa del Santo Spirito accorgendosi immediatamente dell’aria particolarmente solenne che vi regnava. Scoprono così che tutti gli anni il primo venerdì di marzo a Ronda si celebra il bacio del piede di Nostro Signore ed avvicinatisi ad un solerte e compostissimo confratello che pulisce il tallone del Cristo, procedono entrambi ad un deferente bacio che poi P. immortale in una perfetta foto. Sempre per la legge del non farsi mancare niente, passano poi al bacio della mano della Vergine Maria anche questa naturalmente immortalata in una toccante foto. Usciti dalla chiesa si imbattono in una scolaresca in attesa di procedere alla cerimonia e tutti e due senza parlarsi immaginano cosa sarebbe successo in Italia in una situazione del genere con una delle turbolenti classi, come minimo sarebbe sparita la mano. A mezzogiorno, immersi in una leggera nebbiolina, pranzano su di una panchina nella piazza della chiesa parrocchiale mangiando il solito panino confezionato durante la sostanziosa colazione del mattino. Dopo questo adempimento guadagnano stancamente la macchina e dopo aver ben chiarito l’itinerario da seguire si avviano verso Mijas, graziosa cittadina abbarbicata sul costone della sierra ma ad un passo dal mare. Nella bianca e ridente città andalusa effettuiamo gli ultimi incauti acquisti, poi esausti guadagnano a fatica l’albergo e dopo la preparazione delle valigie (l’aereo partirà da Malaga alle 7.00 del mattino) escono per l’ultima e meritata cena nel solito ristorante a base di zuppa di pesce e calamaretti alla piastra. Naturalmente fuori continua a piovere e per compensare i due chiudono con i soliti bicchieri di anice e brandy che una graziosa cameriera, colpita dall’amabilità dei nostri, provvedere a riempire nuovamente di sua iniziativa lasciando così un ultimo ed indelebile ricordo di questo viaggio. 

SIVIGLIA
GRANADA
ALMERIA
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costa
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