INDIA - 2000
Quasi un diario, per le impressioni di un mondo "a parte"

AGRA, KAJURAHO e VARANASI

Lasciata la macchina, ci muoveremo ora con mezzi locali, taxi, rickshow, autobus, aerei, per vedere le altre mete che ci siamo prefissate, tra queste per ultimo Varanasi, l'antica Benares.
Girando per Agra scopriamo che il forte che la domina era poi la vera residenza reale, oltre alle dimensioni colossali ed all’imponenza notevole data dalle sue alte mura, rappresenta l’evoluzione storica di quel periodo; da struttura puramente militare all’interno si assiste ad una lenta trasformazione dei vari palazzi in una zona prevalentemente residenziale e di gran lusso avvenuta a seguito del consolidamento della pace nella zona e della rilevata inutilità di tali difese divenute inutili a fronte delle nuove tecnologie belliche portate dagli inglesi. Dalle sue alte torri si osserva nella bassa pianura un placido fiume ma soprattutto lo spettacolo incredibile del Taj Mahal, reso anche irreale dalla foschia quasi sempre presente, affascinante ma dovuta purtroppo all’inquinamento dell’aria. Il Taj Mahal è veramente un edificio incredibile e surreale per la perfezione e la limpidezza delle forme e del materiale usato ma anche per la sua funzione di tomba, per le sue dimensioni ed ultimo per il suo costo. Il bagno di turisti che facciamo aggiunge una nuova componente di irrealtà a questa situazione, infatti il posto in cui siamo potrebbe essere in una qualunque altra parte del mondo ed il rilievo che viene dato a questo monumento, si nota anche dal prezzo di ingresso di circa 10 volte più alto di quello degli altri monumenti (solo per i turisti stranieri), è decisamente  sproporzionato se raffrontato a quello di accesso alle tante altre bellezze dell’India. E' comunque piacevole vedere la quantità di turisti indiani che affollano questo mausoleo manifestando una estrema reverenzialità per questo gesto d'amore veramente unico al mondo.
Il volo per Kajuraho inizia subito male in un aeroporto militare con l’annuncio di quattro ore di ritardo, che sembra siano una cosa normale (infatti siamo gli unici turisti che non lo sapevano mentre tutti gli altri gestiti dai tour operator arrivano con il giusto ritardo) ma l’aspetto positivo è che ci offrono il pranzo nel miglior albergo di Agra (sede della compagnia aerea) e cosa incredibile nel menu c’è anche il vitello. Il mattino di buon’ora si parte per la visita ai templi più lontani che pur nel loro aspetto abbandonato, essendo lontani dall’abitato, scopriamo essere sempre utilizzati per le cerimonie e le offerte. Lo spettacolo che presentano è veramente superbo, le pareti esterne ed interne sono scolpite interamente con figure umane e divine in maniera incredibilmente rappresentativa; ma quello che colpisce di più è la plasticità delle pose di queste figure, che denotano l’abilità di tutti quegli oscuri artisti che operarono qui tra il VI° ed il X° secolo AD. Un esempio per tutti è quello della donna che si toglie una spina da un piede, con un movimento flessuoso con una grazia ed una leggerezza incredibile. Le scene erotiche rappresentate sono una cosa già troppo sfruttata turisticamente per essere degna di note particolari in tutto quel contesto e ovviamente vanno osservate con gli occhi giusti, cioè con la logica culturale di quel periodo storico. Anche se è una frase che ho usato in altre occasioni, questo è veramente uno di quei pochi posti al mondo (come ad esempio Petra) dove pur non essendovi altre cose interessanti, valgono il viaggio. In un vicino gruppo di templi Jain (religione contemporanea al Buddismo) assistiamo ad una cerimonia religiosa molto importante, la cosa che effettivamente colpisce di più è la presenza di alcuni fedeli della setta Digambara (vestiti di cielo) che assistono e presenziano la cerimonia completamente nudi quale voto di rinuncia ai beni terreni, con un solo scopino per pulire il terreno davanti a loro per non uccidere nessuna forma vivente. Quello che colpisce non è tanto l’aspetto morale, in quanto tutti nel tempio ci fanno sentire assolutamente a nostro agio lasciandoci scattare tranquillamente anche delle fotografie, quanto per l’accostamento religioso così diverso dal nostro, dove sono peraltro considerati e riveriti maggiormente. Nel pomeriggio, dopo un breve riposo in hotel (anche in considerazione che fuori ci sono circa 45° all’ombra con una umidità di quasi il 100%) andiamo a vedere il gruppo principale. E’ veramente uno spettacolo notevole anche perché gli otto templi sono racchiusi in un parco verde, cosa veramente rara per questi posti. La quantità di statue scolpite con rara maestria è veramente incredibile considerando che sono state fatte tutte in un periodo di soli 100 anni e che sono sostanzialmente differenti tra di loro per soggetti ed atteggiamenti. La conservazione dei monumenti è notevole, sembrano appena costruiti, questo anche perché in un modo storicamente inspiegabile sono stati costruiti in una zona senza particolari attrattive climatiche e geografiche. Questo li ha però salvati dalla sistematica distruzione di tutti i manufatti raffiguranti immagini umane di qualsiasi tipo e non solo se ritenute "indecenti", fatta dagli eserciti mussulmani al tempo della loro conquista del territorio.
Ed ora ci aspetta Varanasi (Benares), l’aereo ha solo due ore di ritardo ed arriviamo puntuali in hotel alle 16.00 e dopo mezzora siamo già in viaggio verso i “gath” dove riusciamo a vederne alcuni mentre inizia un suggestivo tramonto dietro i templi sul fiume. Il mattino successivo alle 5.00 siamo di nuovo sul Gange per la più classica delle escursioni, un giro di due ore in barca a poca distanza dalla riva per tutta l’area coperta dai gath. Lo spettacolo è entusiasmante ed è quanto ci si aspetta di vedere a Varanasi, complice la delicata luce dell’alba del sole che nasce. La temperatura è ancora fresca e piacevole e lo spettacolo che scorre lento sulla riva è quello di una vitalità così diversa dalla nostra che non può non sconvolgere tutti i sensi. Già dalle 4.00 i pellegrini arrivano a gruppi per celebrare uno dei riti più sacri degli indu con le rituali abluzioni ritmiche nel fiume, mentre i santoni che vivono su piccole piattaforme di legno lungo il fiume, preparano le loro poche cose per affrontare nel rigore la nuova giornata.
Ma il fiume non è solo questo, oltre all’aspetto di santità rappresenta per chi ci vive vicino un mondo di lavoro e di attività tra le più svariate, tra le quali figura anche quella di dar la caccia ai turisti. Uomini e donne più o meno vestiti prima di iniziare la loro giornata di lavoro si lavano comunemente sui primi gradini nell’acqua del fiume, insaponandosi e risciacquandosi, lavandosi i denti immersi nell’acqua sino alla vita. I bambini, come in tutto il mondo, sguazzano nell’acqua per lavarsi e divertirsi. E’ tutto un mondo che vive su quelle scalinate, mescolando in un tutt’uno tipicamente indiano, il sacro ed il profano o forse è meglio dire che per loro tutto è sacro, attività terrene e celesti che nascono e muoiono in questi due chilometri lungo la madre “Ganga”. Non si può definire la qualità dell’acqua del fiume, basta pensare che vi finiscono dentro le fogne della città (senza depuratore) e tutte le attività umane che vi si svolgono direttamente, vi si bagnano cani, mucche e bufali e vi finiscono le ceneri dei morti (a volte non del tutto cremati se la famiglia non ha molti soldi da spendere per la legna) o direttamente quei cadaveri che per religione non vengono bruciati. La stessa acqua viene aspirata e distribuita alla città, questa volta dopo un opportuno filtraggio, ma viene anche raccolta da tutti con piccoli recipienti, con venerazione e direttamente dal fiume per essere poi bevuta nella propria casa. La vita quotidiana si sussegue lungo i gath tra santoni, barbieri, massaggiatori e venditori vari ma prevale tra le varie attività quella dei lavandai che, sbattendo i panni sulle pietre a bagno nel fiume, credo lavino la biancheria per tutti gli alberghi della città mettendoli poi ad asciugare direttamente in terra tra polvere, escrementi e sputi di betel (un’erba che gli indiani masticano continuamente). La mattina dopo (non più all’alba) ci rechiamo ai piedi del gath delle cremazioni che sono effettuate con due differenti tipologie, elettriche nei forni pubblici per chi ha pochi soldi e su pire di legno per chi può spendere di più. Lo spettacolo è decisamente forte anche per i nostri occhi (consideriamo che a questi livelli è sicuramente è il migliore dei sistemi), non è banale vedere un corpo che brucia sulla pira e sentire il relativo inconfondibile odore, o addirittura quando succede che per la carenza di legna il corpo non brucia del tutto. Il ritorno in albergo è mesto (per il caldo e perché la vacanza è finita) ma veloce, niente a confronto con la sera precedente dove abbiamo impiegato più di un’ora essendo rimasti coinvolti in un ingorgo pazzesco, prima a piedi in una zona pedonale, nel senso che non ci si muoveva proprio bloccati tra gente e bici e poi su di un ciclo rickshow per venirne fuori, una situazione veramente tragicomica. Ripensando alla pratica della cremazione è interessante notare che, per i principi religiosi induisti, non tutti i corpi possono essere bruciati, sono esclusi i bambini perché puri, le donne incinta per lo stesso motivo, i sadhu perché santi, quelli morsicati dai cobra perché è l’animale sacro a Visnhu, i lebbrosi ed i vaiolosi per non infettare l’aria, questi vengono fasciati, portati in mezzo al fiume e gettati in acqua.
Insomma un paese incredibilmente diverso dal nostro, con usi e consuetudini differenti dalle nostre, basti pensare al permanere del sistema delle caste (bramini, commercianti, religiosi, pulitori per terra, pulitori di gabinetti, oltre ai paria ed i fuori casta) anche se ufficialmente risulterebbe abolito da tempo, che meriterebbe sicuramente una visita più approfondita di questa.