HAITI - 2001
 Un'escursione avventurosa

Perché una persona normale, anche se amante dei viaggi, dovrebbe andare ad Haiti? E’ uno dei cinque paesi più poveri del mondo ed ha una situazione politica eternamente instabile, ma poiché era in programma un viaggio nella Repubblica Dominicana, abbiamo fatto il necessario visto per Haiti per poterci eventualmente andare e ci andiamo. Da Santo Domingo verifichiamo che purtroppo non ci sono voli aerei diretti tra le due capitali, che evidentemente non si amano, per cui la sola alternativa rimane quella dell’autobus che attraversa l’unica frontiera aperta, in una zona montagnosa. Il viaggio è lungo e poco interessante, la polizia di frontiera noiosa e pignola perché il varco è utilizzato dagli haitiani che hanno il permesso di andare a lavorare nella Repubblica Dominicana. Siamo gli unici turisti e siamo visti con un certo sospetto. A Port au Prince l’albergo, uno dei pochi aperti, è lussuoso ma fatiscente e praticamente deserto, in compenso per la cena pretendono i pantaloni lunghi, sarà un retaggio odi tempi migliori anche se non so quali. La vita per le strade è animata ma la povertà traspare da ogni angolo di via, nei negozi chiusi ed i tanti banchetti nelle strade. La zona centrale, di chiara costruzione francese, con palazzi a due piani e bianchi porticati è in uno stato di abbandono assoluto anche se ovviamente è abitato, i cumuli di spazzatura sono onnipresenti anche se la sporcizia non è diffusa nelle strade. L’unica zona “perfetta” è quella che circonda il palazzo del presidente che sembra essere una Casa Bianca in miniatura. Un successivo giro nei dintorni ci fa vedere una realtà povera ma contadina, molto simile a tante altre nel mondo, perché come sempre è nelle capitali che si concentra il meglio o il peggio di quello che offre un paese, a seconda delle situazioni. La visita ad Haiti aveva per me anche un certo interesse, visto che mi diletto nello studio delle religioni, e doveva servire per poter vedere dal vivo alcuni riti e fenomeni legati alla religione Voodoo. Ma nonostante le molte richieste non troviamo nessuno che ci dia indicazioni in merito. Non era il momento giusto, ma questo lo capiremo solo dopo. Dal punto di vista turistico e artigianale vi è proprio poco ad esclusione di un’infinità di quadri ad olio su tela, dipinti con le forme caratteristiche che li hanno resi famosi. Ci infiliamo in un magazzino semibuio e ne acquistiamo alcuni, ma della loro autenticità o valore ne avrò sempre il dubbio. La nostra vacanza finisce prima del previsto quando, qualche mattina dopo, veniamo avvertiti che la frontiera sarebbe stata chiusa a tempo indeterminato. In effetti la sera prima avevamo visto un corteo di gente seguire rumorosamente una grossa auto nera con le bandiere, presumibilmente quella del presidente, ma sicuramente non per congratularsi con lui. Fatti i bagagli ed usciti dall’albergo ci accorgiamo che le principali strade sono bloccate da pneumatici in fiamme e che l’autobus con il quale eravamo arrivati non c’era in quanto la sera prima lo avevano bloccato alla frontiera. Incontriamo degli altri europei, due fotografi francesi, e con loro riusciamo ad arrivare all’aeroporto, senza passare per il centro, dove c’è ancora un autobus che deve partire per Santo Domingo. Ci imbarchiamo con la speranza che la frontiera per uscire sia ancora aperta ed infatti dopo poche ore la attraversiamo prima che sia chiusa definitivamente. Dopo molte ore di un viaggio tranquillo, rientriamo a Santo Domingo dove riusciamo anche a farci restituire i soldi del biglietto di ritorno, che avevamo pagato alla prima compagnia. Siamo o non siamo liguri?