GIORDANIA
Un'escursione nel vicino oriente

Come definire un paese che è un insieme di roccia, sabbia, incredibili  ricordi del passato e straordinari approcci al futuro. Forse come una striscia di cultura circondata da paesi che sembrano uguali agli occhi poco attenti di un turista, ma che lascia profonde sensazioni ad un viaggiatore.
La visita di Amman, enorme calderone di case abbacinate dal sole, che si modellano arrampicandosi fitte sulle scoscese pareti di tufo che circondano il centro storico, è forse superficiale, ma consente di apprezzare il nuovo e l’antico che la contraddistingue.
Dal teatro romano (si trovano proprio da tutte le parti) alla nuova gigantesca moschea, dove nell’interrato una enorme sala costituisce la sede del parlamento islamico, passando attraverso le varie moschee risalenti al periodo del primo fervore religioso. In alcune di queste scopriamo che sono ammessi anche gli “infedeli” ma solo gli uomini, curioso aspetto per un paese che per molti versi si rivelerà aperto al dialogo verso altre culture e verso altri modi di essere.
La prima tappa è la città di Jerash (la storica Gerasa), a pochi chilometri a nord di Amman, dove di notevole ci sono solo le rovine lasciate dall’antico insediamento romano.
La visita è lunga e attenta, tante sono le cose da vedere in questo sito archeologico che ci dimostra ancora una volta la capacità costruttiva e più in generale il livello della civiltà romana a cavallo dell’inizio del nostro calendario.
La seconda escursione la facciamo per vedere i famosi castelli nel deserto, palazzi costruiti dai califfi su quelle che erano le principali rotte carovaniere ed ora avvolti dal deserto.
La visione di queste relativamente piccole strutture, tutte diverse tra loro, che l’immensità del deserto circostante fa apparire ancora più fragili, ci porta verso una zona della Giordania assolutamente disabitata.
Lo spirito del vedere sempre cosa c’è un po’ più in là del punto raggiunto, ci porta a proseguire lungo l’unica strada asfaltata che si dirige verso il confine con l’Arabia Saudita.
Lo scenario è quello prevedibile ma insolito, di un deserto diverso da quello sabbioso e iconografico del Marocco o da quello pietroso e aspro del cuore dell’Algeria, questo è il vero nulla.
La distesa è una pianura infinita di terra battuta dove l’unico segno della presenza dell’uomo è, oltre la strada, una serie interminabile di autobotti per il trasporto del greggio, dove molti risultano abbandonati, probabilmente per guasti non riparabili, lungo i bordi della strada stessa, quasi a memoria della piccolezza dell’attività umana in questo luogo remoto.
Dopo molti chilometri troviamo un bar, come una vera moderna oasi e lì, dopo una rinfrescante bibita rigorosamente analcolica, decidiamo che comunque è meglio tornare indietro verso Amman.
Ma il viaggio vero inizia in un’alba tersa e ancora fresca, puntando il muso della macchina noleggiata all’arrivo, verso sud. L’idea è di arrivare sino ad Aqaba costeggiando il Mar Morto alla ricerca di una ideale via di fuga dal deserto verso il mare.
Arriviamo sul Mar Morto dopo una interminabile discesa che ci dice visivamente quanto sia reale la depressione sede di questo strano mare, la più profonda della terra. Lo spettacolo non è né sorprendente né molto entusiasmante, d’altra parte si sa già tutto quello che si deve sapere e quindi quello che ci aspetta.
L’immersione è obbligatoria ed è comunque d’effetto, data la forte salinità del mare e la sua alta densità che aumenta il galleggiamento anche se con qualche rischio per gli occhi. L’uscita dall’acqua prevede una doccia immediata, resa possibile da un poco probabile ma reale stabilimento balneare, per togliere il salino dalla pelle che cristallizza immediatamente rendendo i corpi statuari come marmo.
Chissà se la moglie di Lot, si era trasformata in una statua di sale perché si era girata, come dicono i libri, o perché aveva fatto un bagno da queste parti?
Il viaggio prosegue e finalmente in una sera di luna piena, nella quale il cielo riesce a creare immagini fantastiche nello stacco tra giorno e notte, arriviamo a Petra. E’ vero, ci accorgiamo subito che questa visita vale il viaggio, come ripetono puntualmente tutte le guide turistiche.
Il mattino seguente, prima che sorga il sole, siamo già davanti all’ingresso del Siq aspettando l’apertura del sito.
Questa apparentemente strana fretta, non è una forma di masochismo e non è neanche legata a problemi di insonnia, ma è necessaria per poter visitare sufficientemente bene tutta la valle in un solo giorno, sfruttando inoltre il fresco del primo mattino che ci regala anche dei contrasti di luce e di colori che sono un invito a nozze per un fotografo.
E poi, soprattutto, non abbiamo turisti davanti a noi.
Non riesco a valutare i chilometri che facciamo sudando, ma so che beviamo circa 10 litri di acqua a testa, in parte portata al seguito e l’altra fornita dagli organizzati arabi che affollano la valle, tutto senza aver bisogno di urinare.
La descrizione del sito archeologico la lascio a più competenti guide, certo è che lo spettacolo è per gli occhi e per il cuore una emozione continua e difficilmente descrivibile.
La tipologia di queste costruzioni scavate nella roccia e soprattutto i colori, che coprono tutte le sfumature tipiche dell’ocra di questo tufo sedimentario, sono incredibili. Dal “Tesoro” al “Monastero” è tutto un susseguirsi di sorprese ed in certi punti il colpo d’occhio è veramente di quelli da togliere il fiato.
L’imbrunire della sera ci vede, esausti ma pienamente soddisfatti, ripercorrere a ritroso il Siq sino a giungere all’albergo per una meritata doccia.
La strada per Aqaba riprende e ci immerge nei soliti paesaggi fatti di sabbia e rocce. Percorriamo valli ed attraversiamo “uadi” con nella memoria le epiche imprese di Lawrence d’Arabia, chiedendoci ogni tanto che cosa avesse veramente spinto quell’uomo a realizzare, forse, una delle ultime avventure romantiche del ventesimo secolo.
Aqaba ci accoglie come potrebbe farlo un forno che riceve una pizza. Il calore è incredibilmente feroce e colpisce anche i nativi, che ci confermano che una simile temperatura è molto rara, siamo sui 50 °C, e che capita al massimo una volta all’anno. Ma che fortuna abbiamo avuto!
La città presenta poco di interessante dal punto di vista storico, così ci perdiamo un po’ di più girando per i mercati, animatissimi nonostante il caldo.
Nel tardo pomeriggio andiamo al mare, le spiagge sono pressoché deserte e non molto accoglienti dal punto di vista turistico, ma con un caldo di questo tipo vanno benissimo ed il refrigerio è garantito. Ci mescoliamo, con la dovuta correttezza, a diverse famiglie locali che fanno il bagno, dividendo con loro una piccola spiaggia senza grossi problemi.
Qui solo i bambini hanno il costume, gli uomini fanno il bagno con la maglietta ed i pantaloni o con la tunica bianca mentre le donne sono sempre completamente vestite, anche in acqua.
In lontananza, con una sky-line tipicamente occidentale, un gruppo di alti palazzi svettanti nel deserto ci indica la vicina presenza di Eilat, piccolo ed unico sbocco di Israele sul Mar Rosso.
Ancora più lontano, sino a perdersi nell’orizzonte, il deserto del Sinai riprende con i suoi selvaggi colori ed è l’Egitto, anche se non ancora quello delle città turistiche e delle spiagge più famose di tutto il Mar Rosso.