MALESIA - 1998
 
Una cerimonia religiosa molto particolare

La differenza tra un viaggio organizzato ed uno di quelli … “fai da te” è sostanzialmente evidente nei risultati che si conseguono alla fine del viaggio.
Nel primo caso la certezza di vedere tutto il “vedibile”, nel poco tempo disponibile, senza perdere niente di quello che le principali guide turistiche consigliano di vedere. Nel secondo l’incertezza di non vedere tutto, magari faticando a trovare quello che le guide consigliano, ma la sicurezza di trovare qualche cosa di realmente diverso che, normalmente da solo, vale tutto il viaggio.
Questa riflessione personale trova conferma, in un viaggio improvvisato in Malesia.
Sbarchiamo quindi a Kuala Lumpur e dopo aver noleggiato un’auto ci apprestiamo a fare un giro della penisola che ci porti in tre settimane a vedere quanto di meglio offre questo variegato paese.
Ma la sorpresa la abbiamo quasi subito, infatti nella città di Kuantan, mentre di buon mattino ci accingiamo a fare il classico giro, ci imbattiamo in un corteo colorato e rumoroso.
Dai toni traspare immediatamente che si tratta di una cerimonia Induista piuttosto importante.
Il corpo centrale della “processione” è costituito da due giovani che trascinano un carretto con una serie di corde, unico particolare curioso è che le corde sono fissate sulla schiene dei ragazzi attraverso uncini piantati nella carne. Dietro di loro una persona più anziana porta sulle spalle un grosso baldacchino d’argento agganciato, tramite una miriade di catenelle, al petto ed alla schiena con piccoli uncini e quale tocco finale, un grosso spillone infilato trasversalmente nella lingua.
Nonostante quanto descritto, la scena non mi appare eccessivamente tragica (anche se qualche rivolo di sangue scorre sulle schiene dei ragazzi) forse per l’aspetto sereno della manifestazione, accompagnata da canti e musica di tamburi e gong.
La meta del corteo è un tempio a circa un chilometro di distanza, dove le cerimonie continueranno per tutta la giornata. La festa è quella del “Thipusam” ed è dedicata alla divinità Subramanian.
L’invito ad entrare nel tempio (siamo gli unici bianchi) e la proverbiale accoglienza degli Indù, ci consente di vivere un’esperienza veramente interessante, anche se emotivamente pesante.
Ci aggiriamo per alcune ore tra le strutture del tempio passando dall’ammirazione per le sculture rotondeggianti e dai colori vivissimi cariche di simbolismo, alla conversazione (per quello che permette la lingua) con quanti sono interessati a trasmetterci delle informazioni sulla loro cultura.
Questa celebrazione è una rarità da quando è stata proibita in India a seguito degli eccessi di automortificazione della carne, ed è rimasta viva solo nelle grosse comunità fuori dall’India.